Martina Montis
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24 Mar
24Mar

Valentina Meloni, Coordinatrice Generazioni Sardegna, Giovani, Casa e Lavoro, Oristano 24 marzo 2025

Giovani, casa e lavoro

Lunedì, 24 marzo si svolge a Oristano presso il Chiostro del Carmine un'importante mattinata di lavori. Generazioni Sardegna, in collaborazione con l'Università di Oristano Consorzio UNO e Legacoop Sardegna si confronta per lo sviluppo territoriale e culturale della regione. 

La discussione è aperta dal coordinatore nazionale di Generazioni Michele Schirru e da Valentina Meloni coordinatrice Generazioni Sardegna, modera la tavola Beatrice Fois. I temi delle tavole: "Abitare" e "Lavoro".

La presenza di Rossana Zaccaria Legacoop Abitanti restituisce una significativa testimonianza sulle nuove forme di abitazione collaborative e sulla possibilità di emancipare i #poorworkers. La pianificazione strategica può essere una risposta all'emergenza abitativa, così come gli investimenti della Banca Europea il cui 40% è a fondo perduto. Affitti calmierati e #abitare fluido sono le risposte messe in campo in alcune regioni per riqualificare le aree urbane.

Fuori dalla retorica e dalle parole incensate per le nuove generazioni il problema della casa permane.

Dall'edilizia universitaria alle varie forme di #co-housing, nella nostra regione, le nuove soluzioni abitative sono ancora tutte da immaginare e co-progettare. Andrea Pianu, coordinatore di Legacoopsociali Sardegna, mette in evidenza il problema della sostenibilità delle proposte che devono comunque garantire l'equilibrio economico per soddisfare opportunamente e sul lungo periodo le esigenze dell'utenza, ma soprattutto devono configurarsi come risposte inclusive e credibili per una popolazione complessa che esprime nuovi bisogni. 

Giuseppe Moro di UniCaralis in rappresentanza della popolazione studentesca rivendica quanto si debba ancora fare per garantire gli alloggi agli studenti universitari. A fronte di mille richieste annue, le residenze universitarie, ancora aperte, mettono a disposizione una manciata di alloggi. I posti banditi dall'ERSU per l'anno accademico 2024/2025 sono stati 238, erano 799 nel 2016/2017. La risibile disponibilità degli alloggi cagliaritani rappresenta comunque un lusso se confrontata con le città di Nuoro e Oristano del tutto prive di residenze universitarie. 

Su Cagliari, città metropolitana, -ma è facile estendere la considerazione ad altri capoluoghi sardi- si disattendono le richieste di alloggio, ma si lascia sfitto il patrimonio immobiliare. Due domande per capire. Perché le richieste non possono essere accolte e, soprattutto, da chi potrebbero essere prese in carico?

Il dialogo tra le parti è servito a chiarire il problema e le posizioni.

Se da una parte il problema è la solvibilità dei richiedenti, dall'altra è individuare il soggetto che può farsi carico delle istanze. La cooperazione è pronta e discute sulle modalità.

Antonio Sardu, presidente di Cento, società cooperativa 

L'esperienza di Cento negli anni d'oro dell'edilizia abitativa

Ascolto il racconto di Antonio Sardu presidente di Cento e nella mia mente risuonano le note di ko de mondo.

È stato un tempo giovane e forte, odorante di sangue fertile, rigoglioso di lotte , moltitudini, splendeva pretendeva molto [...] 

Il pezzo dei C.S.I non era contestuale alle politiche abitative cui si riferiva il presidente, ma semmai arriva dopo un decennio e racconta con malinconica nostalgia l'inizio di un lungo declino. Però non divago.

C'è stato un tempo in Sardegna nel quale si costruivano case per famiglie tagliate fuori dal mercato immobiliare e dall'edilizia popolare. Il nome "Cento" nasceva dall'obiettivo che i soci si erano proposti di raggiungere: "costruire cento abitazioni per altrettante famiglie". Le case si potevano acquistare a un prezzo di maggior favore rispetto al mercato. Il concetto di mutualità qui era semplice e facilmente comprensibile nel rapporto di scambio e interesse. Qui guadagnavano tutti i lavoratori e i cittadini in cerca di abitazione. Qui era chiara la politica messa in campo, il rapporto tra le parti e, anche il concetto di rappresentanza era fondato su un elemento solido.

Il campo semantico della parola composta "politica abitativa" si estendeva rapidamente fino a ricomprendere parole quali rappresentanza, diritti, cittadini, comunità e partecipazione. Tutte le parole avevano senso e ruolo definito. Tra la comunità e la politica c'era la partecipazione e la rappresentanza, ovvero la parte che avrebbe mediato le diverse istanze e soprattutto organizzato le risposte. C'era il lavoro e i lavoratori, dentro una cultura organizzativa di tipo cooperativo che rimetteva al centro le persone e le loro aspettative. C'era un concetto di cultura proteso alla crescita e alla fioritura umana che metteva a servizio della comunità le risorse intellettuali del paese.

Probabilmente è il tempo di nuove politiche, lungimiranti, un po' come quelle che avevano caratterizzato gli anni d'oro delle cooperative di abitanti, ma limitarsi a replicarle non basterebbe. Certe misure non rispondono più all'esigenza del nostro tempo. La stessa L.R. 32/1985 che istituiva il fondo per l'edilizia abitativa, non avrebbe più senso oggi -lo dice il presidente Sardu- in quanto il problema non sta più nel tasso di interesse applicato sui mutui ma nell'abbattimento dei costi per la costruzione. Certi strumenti pertanto vanno ridefiniti totalmente: e i contributi a fondo perduto potrebbero rappresentare una soluzione.

Sembra ci sia stato un tempo giovane e forte -cantava L. Ferrettinel quale quale tutto era possibile, probabilmente perché le politiche rispondevano direttamente ai bisogni dei cittadini. I cittadini avevano il potere di ispirarle e condizionarle. I partiti politici erano finanziati con i soldi pubblici e avevano una responsabilità verso i cittadini e il proprio elettorato. 

Oggi le esperienze politiche fluttuano. Non si capisce cosa dicono e a chi parlano. Un intermediario c'è, ma fa solo i suoi interessi. Capita a volte che gli interessi s'incrocino, ma la sensazione più forte è di totale dissociazione. Quando qualcuno compra il nostro bisogno, lo fa perché in grado di rivenderlo, senza trasformarlo, a noi stessi che lo riacquistiamo ad un costo triplicato.  

Sarà forse un problema linguistico? Difficile crederlo, però una cosa è certa il campo semantico delle parole giuste oggi si restringe terribilmente. La perdita di significato è palese. Sarà perché le parole sono vive e vengono risignificate dal contesto. Sarà perché il concetto di cultura maturato nella società della tecnica è cambiato prescinde dalla persona, vuole  piuttosto, un individuo che non vive, al massimo funziona.  Un individuo capace di sopravvivere alla paura del fallimento performando quanto più possibile in maniera a-finalizzata fino a soccombere esausto per insensatezza. Ciò detto come dovrebbe riconfigurarsi il nostro campo semantico, quali parole esercitano in noi una risonanza emotiva? Sono forse le competenze necessarie sottese alla cultura dell'utilità e della performance ?

I saluti  del direttore del consorzio UNO Francesco Asquer sono una brillante riflessione che commuove per bellezza e semplicità. Mentre ricorda a tutti noi che l'Università è il luogo dove si costruisce il pensiero, condivide l'imbarazzo di redare profili professionali ideali strizzando l'occhio a un potenziale mercato delle competenze.  

Un concetto di cultura che pensa l'uomo come ingranaggio di un apparato può davvero essere utile all'uomo del nuovo millennio che deve affrontare sfide epocali, compresa quella di trasformare la realtà che lo circonda. Rigenerare le aree urbane e riflettere su come abitare oggi significa anche pensare a come strutturare la nostra società, su quale paradigma culturale farla evolvere, significa disobbedire a questa idea di società atomizzata e competitiva che non valorizza le persone per quello che sono, ma per quello che consumano.

Le società più giuste e inclusive, le società dell'esigibilità dei diritti non sono il prodotto di funzionamento meccanico ma è il pensiero dell'essere umano che si dispiega libero e intravede un'opportunità di emancipazione e prosperità dentro una nuova economia sociale: un'economia civile che riattiva le persone nelle proprie comunità, ormai plurali e multietniche, ma soprattutto libere dove naturalmente rifiorisce il concetto di  cultura  insieme a quello di rispetto e umanità.

MM